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Intervento dell’Ambasciatore Benedetti in occasione del webinar “I primi vent’anni del Giorno della Memoria, ruolo e valore della legge che ha cambiato la percezione della Shoah in Italia”

Caro Dott. Colombo, Cara Dottoressa Della Seta, Caro Prof. Luzzatto Voghera,

Cari amici e amiche,

il 27 gennaio 2001, esattamente 20 anni fa, la Repubblica Italiana commemorava per la prima volta il “Giorno della Memoria”. Si istituiva una giornata ufficialmente dedicata al ricordo delle persecuzioni e dello sterminio del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, cinque anni prima che una risoluzione delle Nazioni Unite istituisse per lo stesso giorno l’International Holocaust Remembrance Day.

Si tratta di due articoli molto brevi, ma il cui valore è fondamentale nella storia della Repubblica e nella crescita del popolo italiano. Anche grazie a quella norma si è potuto assistere nella nostra società civile a una vera e propria svolta nell’esercizio della memoria della Shoah, che è entrata nelle classi di tanti studenti, arricchendoli nel loro processo di formazione di cittadini, portatori di valori, ma anche di responsabilità.

Nello spaesamento della ragione che proviamo di fronte all’immane tragedia dell’Olocausto, l’esercizio della memoria cui tutti noi siamo chiamati ogni 27 gennaio, è al tempo stesso un atto di sincera fiducia nell’uomo. Da questo esercizio, infatti, dobbiamo trarre la forza necessaria per agire e impedire che si possa ricadere negli errori del passato.

L’importanza del Giorno della Memoria, infatti, risiede proprio in questa riflessione su ciò che è stato e su ciò che non deve in alcun modo essere più. Come ha detto oggi il Presidente della Repubblica “quell’avvertimento non va dimenticato, sta a noi impedire che si ripeta, sta a noi guidare gli avvenimenti e trasmettere valori di civiltà umana”.

Il senso della Legge che l’ha istituito come commemorazione ufficiale assume per noi italiani un valore ancora più specifico, perché nel nostro Paese l’orrore delle persecuzioni non si è manifestato senza preavviso, ma ha pervaso in modo lento e silente la società, per poi giungere a quella mostruosità e vergogna che furono le leggi razziali e razziste del ’38.

Fra i meriti che vanno ascritti alla Legge istitutrice del Giorno della Memoria, va inoltre ricordato quello di aver contribuito a riconoscere alla testimonianza dei sopravvissuti un valore educativo e didattico fondamentale.

Nell’ultimo ventennio milioni di studenti italiani hanno avuto l’enorme privilegio di “toccare la storia” incontrando direttamente i testimoni, ascoltando i loro racconti e in alcuni casi recandosi con loro nei luoghi dello sterminio nei cosiddetti “viaggi della memoria”, occasioni che si fanno sempre più preziose e rare a causa dell’inevitabile progressiva scomparsa degli ultimi sopravvissuti.

Fra i testimoni dell’Olocausto più impegnati in Italia, permettetemi di ricordare con commozione Nedo Fiano, recentemente spentosi dopo una vita dedicata a tramandare la memoria di quella tragedia. A suo figlio Emanuele e ai suoi cari va la mia sentita vicinanza. Nedo Fiano è stata una persona straordinaria, che ha svolto fino all’ultimo il compito di testimone instancabile e lucido di orrori vissuti in prima persona, ma sempre con un’incredibile energia positiva e un’intatta fiducia nel futuro e nei giovani.

La stessa incondizionata fiducia nelle future generazioni si riscontra in moltissimi testimoni della Shoah: a questo proposito credo che non sia affatto casuale che la Senatrice Liliana Segre abbia deciso di chiudere la sua instancabile e lunghissima attività di testimonianza con un ultimo intervento pubblico, lo scorso ottobre, ospite dei giovani studenti di Rondine, l’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo.

“Non voglio che si ripeta mai odio e vendetta” ha ripetuto la Senatrice a vita: “Nella mia testimonianza, c’è sempre un inno alla vita e non alla morte, all’amore e non all’odio”, a conferma del fatto che, come per Nedo Fiano, anche per lei la memoria e la testimonianza sono state sempre animate da spirito costruttivo e da uno sguardo fiducioso sul futuro.

Diversamente da quello che succede ogni anno, quest’anno non ci siamo potuti recare presso la Tenda della Rimembranza allo Yad Vashem per ravvivare la fiamma perenne che ricorda le vittime della Shoah.

Ma se il Covid ci ha costretto, purtroppo, a modificare anche le cerimonie ufficiali, non può assolutamente far nulla contro la nostra volontà di commemorare quegli eventi, cioè di ricordarli stando insieme, in questo spazio virtuale, sicuri che quella fiamma sarà comunque alimentata dallo spirito che ci ha spinto a riunirci questa sera, sebbene a distanza, e a partecipare a un incontro che sono sicuro sarà per tutti noi ricco di stimolanti spunti di riflessione.

Vorrei chiudere questo mio breve saluto introduttivo citando uno dei più importanti storici del Novecento che della storia e quindi della memoria, fece la sua ragione di vita: Marc Bloch, ebreo e partigiano torturato e ucciso dai nazisti nel ’44, che volle sulla sua lapide la scritta “dilexit veritatem”, “amò la verità”.

Ecco, credo che l’esercizio della memoria possa senz’altro definirsi un esercizio di amore verso la verità. La storia della Legge sul Giorno della Memoria che gli ospiti di questa sera ci aiuteranno ad approfondire costituisce senz’altro un passo importante in questo senso.

Ringrazio dunque di cuore Furio Colombo, Simonetta Della Seta, Gadi Luzzatto Voghera per aver accettato il nostro invito e per offrirci con questo seminario un’importante occasione di riflessione su cosa è stata, cosa è, e cosa potrebbe essere in futuro la memoria della Shoah in Italia e ringrazio tutti voi per essere intervenuti.